mercoledì 22 ottobre 2008

1 Premessa su “natura”

Incomincio con qualche parola sul tema di questo breve corso. Poiché infatti immagino
che per la maggior parte di voi lo studio della filosofia indiana non costituisca l'interesse centrale, immagino che tale studio possa essere utile soprattutto per rendervi coscienti di possibili approcci alternativi a quanto sembra apparentemente scontato. In tal senso, pensare secondo le linee della filosofia indiana è un esercizio di ampliamento del pensiero al di fuori dei suoi confini abituali.
Comincio perciò ad accennare alla problematicità intrinseca dell'oggetto del corso. Così facendo spero di mettere in luce le nostre inconsce aspettative rispetto al termine “natura” e spiegare perché tali aspettative, nell'occuparsi di “natura” in India si riveleranno inevitabilmente inadeguate. “Natura” non è un concetto univoco. Non univoco è poi l'approccio a tale concetto, all'interno del quale potremmo distinguere grosso modo e anzitutto fra un intendimento medio e vago e uno losofico. Nel primo rientrano usi come “la difesa della natura”, “lo sfruttamento della natura”, “la natura in pericolo”, “amore per la natura” in cui “natura” indica più o meno consapevolmente animali e piante selvatici e il loro habitat. Diversa è l'accezione filosofica di natura. Nel mondo classico troviamo una distinzione di fondo fra l'aspetto di natura naturans e quello di natura naturata.
La seconda racchiude il mondo vegetale, animale (e spesso anche minerale) già dato, in atto, mentre la prima allude alla potenza generativa della natura, alla natura quindi come potenzialità. Nella nostra filosofia medievale la “philosophia naturalis” si sviluppa come ramo della filosofia distinto da trivio e quadrivio e copre soprattutto l'ambito della Fisica aristotelica, senza distinguere cioè fra quelli che oggi chiameremmo mondo organico e inorganico e utilizzando come punto di riferimento testi e non osservazione diretta. Infine, l'ottocentesca “filosofia della natura” (Naturphilosophie) considera la natura come un'entità unitaria . Essa trova le sue radici forse in Giordano Bruno e diventa un ambito ben sviluppato nell'Ottocento tedesco, a opera soprattutto di Hegel e Schelling, per poi venire abbandonata con l'avvento del positivismo e della visione della natura come composta da singoli atomi inanimati e quindi come non sostanzialmente diversa dal mondo inorganico.
I due ambiti (intendimento generale e filosofico) non sono però nemmeno del tutto separati, giacché, per esempio, il nostro concetto di natura è molto influenzato dal Romanticismo, soprattutto inglese (si veda (? )), e dal gusto per una “natura” intesa soprattutto come scenari non umanizzati, cui è legata l'emozione per il mondo vegetale e animale. Risale al Romanticismo il gusto per l'osservazione della natura “selvaggia”, mentre precedentemente la natura selvatica destava soprattutto timore perché fonte di imprevisti pericoli. Prima del Romanticismo, troviamo perciò difficilmente descrizioni della natura in quanto tale, ossia non in relazione alla sua utilità per l'uomo e la natura di cui si parla favorevolmente è la natura fortemente domata e ricondotta ai propri scopi. Gli spettacoli in cui è la natura a imporsi (mareggiate, tempeste, nebbia etc.) sono considerati orribili (nel senso di “spaventosi”) e, al più e in epoca cristiana, utili nel ricordare all'uomo la sua piccolezza rispetto a Dio. È invece romantica la scoperta del gusto per la natura in quanto tale, anche nel suo aspetto orribile, rinominato sublime. Mi sono soffermata su tali presupposti impliciti della nostra concezione di natura per mostrare come necessariamente essa sia determinata storicamente e come sia quindi distinta da quanto potremo trovare in India. Tale “scoperta” della natura non è infatti avvenuta nello stesso modo in India, per cui non aspettiamoci di trovare le stesse categorie e poiché è mio compito soprattutto offrire una chiave d'accesso a categorie diverse, cercherò di soffermarmi proprio sulle differenze.
Quanto segue è perciò strutturato in due parti. Dopo una premessa su correnti e scuole filosofiche indiane, spiegherò anzitutto cosa troviamo nelle trattazioni indiane “al posto” della natura, ossia in quali diversi ambiti sono racchiusi discorsi sul mondo che ci circonda e a quali paradigmi sono ispirati. Poi, tratterò di quel che possiamo dedurre circa la natura come da noi comunemente intesa, ossia flora e fauna, nel mondo indiano. Nella prima parte, domande e risposte saranno tratte dal mondo filosofico indiano, nella seconda cercherò risposte indiane a domande occidentali. Tralascerò invece, per questioni di tempo, un confronto fra le riflessioni propriamente filosofiche occidentali e quelle indiane riguardanti l'ambito della natura nelle sue diverse accezioni.

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