giovedì 23 ottobre 2008

8.1 I padārtha

Elenco dei padārtha:
• dravya (sostanza, esiste indipendentemente)
• guṇa (qualità, esiste solo in quanto inerisce in una sostanza)
• karman (azione, esiste solo in quanto inerisce in una sostanza)
• sāmānya (generalità)
• viśeṣa (specificità)
• samavāya (inerenza)
Secondo il Vaiśeṣika, queste sono le categorie di base irrinunciabili per spiegare il reale.Le sostanze sono il sostrato di qualità e azioni. Le qualità ineriscono necessariamente nelle sostanze (l'esempio tipico è l'azzurro che inerisce in un certo vaso). Esse sono qualità individuali irripetibili (come irriperibilie è questo particolare azzurro) che rappresentano particolarizzazioni secondo spazio e tempo diqualità astratte come un certo colore (l'azzurro) o sapore. Sāmānya è l'equivalente vaiśeṣika dei nostri “universali” ed è considerato indispensabile per rendere conto di come mai riconosciamo ogni mucca come “mucca”. Viśeṣa, al contrario, ci permette di riconoscere ogni individuo in quanto tale. Esso è la causa dell'irriducibile differenza fra singoli individui, come stabilito in (Halbfass). Tale differenza è irriducibile nel senso che vale anche fra singoli atomi, i quali quindi potrebbero essere distinti da chi avesse una vista abbastanza acuta. Al contrario, come vedremo, dell'Advaita Vedānta, quindi, il Vaiśeṣika prende sul serio la distinzione e l'individualità. Ciò deriva, penso, dal suo prendere sul serioil reale in linea di principio prescindendo dall'osservatore. Infine, samavāya è la relazione che lega un guṇa, un karman, un universale e una specificità al suo sostrato, ossia al dravya in cui inerisce. Essa può legare anche un universale a una qualità o a un'azione e, infine, lega un individuo composto (si veda sotto “Il problema dell'esistenza degli aggregati”) alle parti di cui è costituito e che ne sono la causa. Come nella filosofia occidentale, l'inerenza pone vari problemi, specie all'interno di un approccio che vorrebbe essere corrispondentista (ossia descrivere il mondo così com'è, indipendentemente dall'osservatore). Anzitutto, c'è il rischio di un regressus ad infinitum. Infatti, se c'è bisogno dell'inerenza in quanto relazione che lega, per esempio, un universale a una sostanza, cosa legherà l'inerenza stessa a universale e sostanza? Se si postula un secondo tipo di inerenza per questi casi, si avrà poi bisogno di un terzo tipo che leghi tale inerenza di secondo livello e così via. Simili problemi si darebbero se nell'inerenza dovessero inerire ulteriori categorie (per esempio universali o specificità). Praśastapāda risolve tali possibili difficoltà spiegando che l'inerenza non ha bisogno diessere legata da un'ulteriore inerenza agli elementi che lega poiché è collegata a questi da una relazione di identità assoluta (tādātmya) –che quindi non necessita di ulteriori legami. Poiché poi esiste un'unica inerenza, in essa non inerisce alcun universale né alcuna specificità. Quanto poi al possibile problema di cosa accada dell'inerenza quando vengono meno gli oggetti che lega, Praśastapāda risponde che l'inerenza non ne è toccata. Essa è come una colla, che può attaccare due cose fra loro, ma che rimane tale anche quando le due cose non esistano più. Sāmānya, viśeṣa, samavāya (e abhāva, si veda sotto) sono categorie ontologicamentedistinte e costituiscono aspetti del mondo irriducibili ad altri. Però, al contrario delle prime tre categorie, essi possono essere sostrato solo di proprietà astratte (dette dharma) e non di entità ontologicamente fondate (come sostanze, qualità o azioni). Fra tali entità ontologicamente fondate c'è lo stesso universale (sāmānya) “esistenza” (bhāva o sattva) che, quindi, inerisce solo nelle prime tre categorie e non in se stesso. Le ultime tre o quattro categorie, quindi, possonosolo avere la funzione di soggetti astratti (dharmin), non hanno esistenza concreta. Per definire però il fatto che anch'esse in qualche modo esistono si dice che inesse inerisce la proprietà (dharma) astitva (è-ità), che è un universale che inerisce in se stesso. Che però entità astratte e concrete convivano in uno stesso elenco potrebbe portare a pensare che le prime tre categorie facciano parte di un elenco più antico e legato all'aspetto prettamente fisico-naturale del Vaiśeṣika, mentre le ultime tre o quattro siano dovute all'influsso dell'approccio epistemologico delNyāya, per il quale le categorie sono tali soprattutto in quanto per PENSARE ilmondo ne abbiamo necessariamente bisogno. Anche se le scuole non buddhiste restano complessivamente ferme nel postulare che pensare il mondo equivalga apensarne caratteristiche esistenti a prescindere dal soggetto.

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