mercoledì 22 ottobre 2008

6.2 Natura e materia

Purusa e prakrti esistono al di fuori di spazio e tempo e sono increati e coeterni. Sono di conseguenza anche semplici, indivisibili, senza parti. La loro relazione è di copresenza, nel senso che esistono affiancati, per così dire (poiché in realtà non esistono nello spazio), ma senza entrare in rapporto. La pura coscienza è intrinsecamente inattiva, mentre la natura è intrinsecamente attiva. Essa è cioè intrinsecamente una natura naturans, costantemente generante e genera appunto i 23 principi al di sotto di sé. Questi sono ordinati, come accennato, dal più sottile al più grosso. Quindi, fino agli ultimi cinque si sta parlando ancora di funzioni o di qualità, a prescindere dalla loro materialità. L'opposizione fra prakṛti e puruṣa non è quindiun'opposizione fra psiche e materia. La natura naturans, ricordo, esiste al difuori dello spazio, che appare solo come ventunesimo elemento. Essa è appunto chiamata anche avyakta, o “immanifesto”, in contrapposizione ai successivi1023 principi che sono manifesti, vyakta. Solo poi i principi dal 21 al 25 occupanouno spazio fisico. Le facoltà sensoriali e le facoltà d'azione, invece, denominano una facoltà a prescindere dal suo locus fisico. La vista, cioè, esiste a prescinderedal suo localizzarsi nell'occhio fisico (il quale è costituito, come ogni corpo, daglielementi grossi) e così la mozione o la prensione. Un esempio forse immediatamenteevidente è quello del gusto, dato che è chiaro per tutti che la facoltà delgusto esista a prescindere dalla sua localizzazione materiale nella lingua, giacché è possibile perdere il senso del gusto pur mantenendo la lingua. Similmente, forma,colore, odore etc. esistono a prescindere dal sostrato materiale in cui poi letroviamo di fatto nel mondo. In breve, la natura primordiale NON è una sortadi materia primordiale aristotelica (o platonica, se si pensa all'artefice nel Teeteto). Essa va piuttosto pensata come attività incosciente contrapposta alla quietecosciente dello spirito.Spendo ancora qualche parola sull'ordine dei vari principi. Abbiamo già accennatoa come l'ordine vada dal più sottile al più grosso. A prima vista, però,potrebbe non essere chiaro perché l'udito sia più sottile della vista e così via. Nei testi di Sāṅkhya o sul Sāṅkhya che conosco non ho trovato una risposta precisa,vi propongo perciò una mia tesi. L'ordine dei cinque sensi si basa sull'ordine dei dati sensibili, il quale a sua volta si basa sull'ordine degli elementi grossi. Questi costituivano probabilmente un elenco preesistente e non è difficile capire che l'ariasia sentita come più sottile del fuoco e dell'acqua e che la terra sia considerata fratutti i principi il più grosso. Resta da chiarire la connessione fra elementi grossie sottili. Secondo una dottrina comune (a parte per alcuni distinguo riguardanti l'etere), che io sappia, a tutte le scuole indiane, l'etere è il sostrato del suono, il vento di suono e qualità tattile (giacché è possibile percepire l'aria come calda o fredda), il fuoco anche del colore, l'acqua anche del gusto, la terra di tutte le qualità. Quindi, secondo tale tesi, l'elenco non è stato elaborato a partire dai sensi in giù, bensì dagli elementi grossi in su e questo è il motivo per cui l'udito è il primo nell'elenco dei sensi, mentre nelle elencazioni più comuni in filosofia indiana il primo posto spetta alla vista. Tale precedenza della vista è anche evidente dalnome di “darśana” e da quello di pratyakṣa (percezione sensibile, letteralmente“relativo all'occhio”) e sākṣin (per cui si veda subito sotto).

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